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Da Argentina 78 a Germania 2024, un calcio… alle rughe

Da Argentina 78 a Germania 2024 un calcio alle rughe
Le partite di calcio sono un’indubbia cartina di tornasole del tempo che passa, ambulatorio permettendo

Argentina 78 e Spagna 82, ma anche Italia 80 e Francia 84, se vogliamo restare in tema Europei. Anni diversi, ma stessa misura di rettangolo verde (magari meno verde), due porte larghe uguali, un pallone e venti calciatori a rincorrerlo (magari oggi un po’ più ricchi, diciamo molto più ricchi), due a pararlo. In mezzo l’arbitro che ‘a quei tempi’, lo possiamo ben dire a distanza ormai di qualche decennio, indossava la casacca rigorosamente nera. Un Calimero sul quale si concentravano urla e invettive provenienti tanto dal campo e dalle panchine quanto dagli spalti (ma questo ancora oggi…). E il Var era ancora di là da venire.

Fu allora che noi, Generazione X, cominciavamo a seguire con interesse ed entusiasmo quelle partite, felici di riunirci, tifo e genitori permettendo, nella piazza del paese. La tv, naturalmente, era quella del bar dello sport (impegnato a trasmettere sull’arco di tutto l’anno dall’automobilismo al tennis, dal Motomondiale al ciclismo). Intorno a quel televisore con schermo già gigante, per cerchi concentrici, si sedevano, dalla fila più vicina a quella più discosta, i più anziani, fino a trovare posto noi giovani che spesso si rimaneva in piedi così che qualcuno optava per la meno immediata radiolina!

Tra figurine e cosce lunghe

Erano l’evento dell’estate, accompagnati dallo scambio delle Figurine Panini (anche già grandicelli) in una sorta di divertente gioco di carte del prendere o lasciare. Gli album, però, dopo la finale rimanevano sempre, impietosamente, incompleti (c’è ancora chi sta cercando Mario Kempes…).

Oggi, molto è cambiato, dai centimetri dei calzoncini dei calciatori (allora corti sulle longilinee cosce – chi si dimentica quelle di Paulo Roberto Falcão – oggi al limite del ginocchio, quasi un tutt’uno con i lunghissimi calzettoni), agli ordinati numeri sulla maglia, rigorosamente dall’1 all’11, con il prestigioso 10, allora riservato esclusivamente ai campioni veri, da Edson Arantes do Nascimento (Pelè) a Roberto Baggio, da Michel Platini a Diego Armando Maradona.

Macché caroselli!

Anche il tifo pare più tiepido, soprattutto per quelle che sono state le squadre più blasonate, pochi sono i caroselli, quando in passato non si attendeva altro, montando in sella ai motorini o, per i meno fortunati, a una bicicletta. C’era anche chi, più coraggiosamente, era pronto, dopo una sconfitta o una vittoria (a dipendenza del punto di vista nazionale) a travalicare i confini e a sbeffeggiare quanti erano rimasti a bocca asciutta, o nel peggiore dei casi a non aver superato vergognosamente il primo girone (Svizzera e Italia in primis).

I campionati di calcio, mondiali o europei, oggi, per chi scrive, sono soprattutto una cartina di tornasole, se vogliamo un… rivelatore di rughe. A ogni edizione (e quattro anni volano) ci mostrano impietosi il passare del tempo. In campo, non ci sono più muscolosi giovanotti con il doppio circa dei tuoi anni, capaci di farti innamorare semplicemente affacciandosi su un poster staccato dalla mitica ‘Gazzetta’. Ora sei tu che li surclassi di almeno una manciata di lustri e, guardandoli, pensi a tuo figlio che ha la stessa giovanissima età. Lo diceva bene un mio amico: ‘Cominci a renderti conto che stai invecchiando quando, entrando in un ambulatorio, il medico è più giovane di te!’. Ecco, accendendo la tv e sintonizzandoti sulla partita del giorno, non puoi che pensare ‘come vola il tempo’. Del resto da Lamine Yamal (16 anni) a Kacper Kozlowski e Jude Bellingham (34 anni in due), il tempo più che volare è… un calcio e via. Per fortuna, a non farti passare per nonna, ci sono ancora Olivier Giroud, Luka Modrić e le loro rughe!

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