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Paperino meglio di Marx: a 90 anni è sempre lui l'altra faccia del ...

Paperino meglio di Marx a 90 anni è sempre lui laltra faccia del
Compie 90 anni il papero che meglio di tutti ha raccontato un altro volto dell'America: quella cialtrona, irascibile e irritante.

Malizioso, capriccioso, perennemente irascibile: 90 anni fa nasceva il papero più famoso di tutti i tempi, Donald Duck, meglio noto come Paperino. Camicia da marinaio, papillon e berretto, la sua fama è seconda solo al topo più amato del mondo, il collega Topolino.

Era il 1934 quando Paperino fece il suo debutto ne La gallina saggia, cartone animato della Silly Simphony di Walt Disney, che racconta di un papero sfaticato, senza alcuna voglia di lavorare, che impara a proprie spese cosa sia il duro lavoro e a non mentire per evitare di spaccarsi la schiena. Un racconto agli antipodi dell’Etica protestante e lo spirito del capitalismo che avrebbe dovuto animare gli americani, reduci dalla Grande Depressione e a un passo dalla Guerra.

Fu la sua seconda apparizione, in quello stesso anno, in Orphan’s benefit, che lo incoronò spalla di Topolino: è infatti il primo lavoro in cui i personaggi compaiono insieme. Anche in questa trama, Paperino non fa una bella figura, tantomeno sfoggia le virtù americane: è capace di scatenare una rissa con gli orfani a cui sta dedicando uno spettacolo di beneficenza, fino a farsi cacciare dal palco. Il cartone terminava con un Paperino deriso e umiliato.

Orphan’s benefit, 1934

Se Topolino era stato l’eroe mellifluo dei buoni sentimenti, a tratti ingenuo, Paperino introduceva nel mondo Disney la farsa, facendosi allegoria di un tratto differente dell’America. Il cartone non solo definì meglio il suo personaggio-compreso il suo tipico scatto d’ira saltando su un piede e tendendo il pugno-ma fece prendere una nuova direzione al mondo dei cartoons. Il pubblico non sorrideva con Paperino, cosa che faceva con Topolino e gli altri, ma rideva di Paperino: delle sue manie, della sua irascibilità, ma anche dei suoi incidenti fisici, proprio come accadeva con Charlie Chaplin. Ma quello che la regia e l’animatore Ward Kimball vollero definire alla perfezione era la personalità nevrotica e irritante di Paperino. Davanti allo schermo, anche il pubblico si divise di fronte a quell’allegoria che raccontava un po’ di quell’America guascona, strafottente, sempre pronta a menar le mani che ardeva sotto strati di buoni sentimenti e manierati proclami.

Eppure, a questo personaggio così irascibile, ma vero, venne affidato un compito molto importante dall’amministrazione Roosevelt. Nel 1930, i 24 Paesi del consiglio di amministrazione dell’Unione americana avevano adottato una risoluzione per rinforzare i legami comuni e gli obiettivi reciproci. Pochi anni dopo, nel suo discorso inaugurale del 1933, Roosevelt promosse l’importanza della politica del buon vicinato. Ma chi poteva mai immaginare che proprio Paperino sarebbe diventato ambassador at large nel “cortile di casa”?

Disney approfittò di questa opportunità per promuovere il proprio tour pubblicitario. Dall’agosto all’ottobre 1941- gli Usa non erano ancora entrati in guerra- un team selezionato di professionisti compì una vera e propria tournée in in America latina. Tornarono a casa con un’importante scorta di trame, di concetti e di idee di nuovi personaggi. Fu allora che Paperino superò in popolarità Topolino. Disney sviluppò libri, cortometraggi e fumetti che celebrarono (celebrarono?) le persone e le culture dell’America centrale e meridionale. In totale vennero prodotti dodici cartoni animati che furono pubblicati nel 1942 con il titolo di Saludos amigos.

A guardarla oggi, quell’operazione possedeva un humus di profondo colonialismo culturale. Paperino interpretava un maldestro turista americano in viaggio per il Sud America con un nuovo amico cosa, José Carioca, un pappagallo brasiliano che incarnava tutti gli stereotipi sul Sud America. Inutile dirlo, il film ebbe un successo travolgente da un capo all’altro del continente. A quasi dieci anni dalla sua nascita, più di qualcuno cominciava a convincersi che Paperino fosse “il lato oscuro della Disney”: ecco servito allora l'”impegno morale” di combattere il nazismo. Nel 1943 Donald Duck vinse il suo primo Oscar per Der Feuhrer’s Face, un cartone animato di propaganda antinazista.

Der Feuhrer’s Face, 1943

Nonostante l’impegno ai tempi di guerra, Paperino non ha smesso di essere quell’idolo imperfetto e sconquassato, coacervo di mille nevrosi. Ingentilito forse dal politically correct che negli Stati Uniti edulcora perfino l’acqua da bere, si è trasformato in strumento di scherno politico.

Quel nome, infatti, “Donald”…si prestava perfettamente a ridicolizzare l’uomo che di per sé è istrione e macchietta allo stesso tempo: Donald Trump. Era il settembre scorso quando, nel pieno della campagna per le primarie americane, il magnate aveva deciso di non presentarsi ai dibattiti con i compagni di partito. E allora, spazientito, l’ex governatore del New Jersey Chris Christie – il principale antagonista dell’ex presidente tra i candidati del Gop- aveva pensato bene di chiamarlo “Donald Duck”. Un papero capriccioso, infantile, terribilmente irritante.

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